Avvocato: come fare l’esame di abilitazione in Spagna

«Tre mesi per la lingua, un mesetto di studio del diritto spagnolo e sarei diventato avvocato in Spagna. È facile. Io non ce l’ho fatta, ma solo perché l’ho presa quasi come una vacanza». A parlare è un avvocato romano di 29 anni che come tanti neolaureati italiani ha tentato di abilitarsi alla professione in terra spagnola.

Si chiama Giorgio e il cognome ci prega di non farlo. Spiega: «Ho passato regolarmente il concorso in Italia, ma se si sapesse che ho provato anche lì potrei essere considerato un legale di livello basso».

Il tentativo spagnolo è del 2010 quando ancora non conosceva l’esito della prova di abilitazione a Roma. «Il rischio di non passare l’esame in Italia c’è sempre, al netto della preparazione. Così, io e tre amici abbiamo iniziato a informarci sul web e da altri che avevano già provato in Spagna: ci raccontavano che era semplice, che gli esami si facevano con le crocette».

A Madrid e Barcellona alla carriera forense non si accede tramite concorso pubblico: per diventare abogado è sufficiente il titolo universitario e un periodo di praticantato. Per gli stranieri è necessario farsi omologare la laurea in legge integrandola con esami di legislazione e procedura spagnole. Chi si abilita e fa pratica lì, può esercitare, in base alle norme di ciascun Paese.

Per Giorgio l’iter è iniziato nell’autunno del 2009 con il riconoscimento dei titoli accademici: «Ho chiesto alla mia università un certificato con gli esami e l’ho fatto tradurre in spagnolo e autenticare dal consolato: 15 euro a pagina. Poi ho inviato il tutto a un ufficio ministeriale in Spagna, che ha omologato la laurea a patto di integrarla con nove esami».

A quel punto, bisognava scegliere l’ateneo. Ogni università si regola in modo diverso: solo scritti, solo orali, entrambi. Giorgio e i suoi amici optano per le Canarie, Tenerife. «Lì, dagli esami da integrare estraevano cinque materie su cui i candidati dovevano fare tre mini-temi e successivamente discuterli oralmente», racconta. «E poi volevamo fare anche una vacanza: ecco il perché della scelta delle Canarie».

Ad aprile 2010 le pratiche sono concluse. «Potevamo rivolgerci anche a qualche agenzia in Rete. Fanno tutto, dalla burocrazia all’alloggio, e agevolano persino l’accesso al praticantato in Spagna per chi supera gli esami. Ma costano troppo: ho sentito che si arriva a spendere anche 5mila euro. Per noi la scelta è stata il fai-da-te, e abbiamo speso circa 700 euro a testa».

In questa cifra rientra anche il pagamento di un temario con i probabili argomenti oggetto della prova: «Lo vendeva a 150 euro una ragazza italiana che aveva fatto l’esame a Tenerife e realizzato un sito ad hoc. Noi non conoscevamo lo spagnolo e quei temi già svolti sono stati un toccasana per studiare».

E già, perché si deve anche studiare. «Prima della prova in Spagna, avevamo sostenuto l’esame di abilitazione a Roma. Due di noi già sapevano di essere passati e quindi siamo partiti più che altro per fare un’esperienza diversa. Ci siamo preparati solo sul testo comprato sul web».

Ma alle Canarie c’era anche chi si impegnava. «L’iscrizione andava fatta lì e poi si aspettava una settimana prima di fare la prova. C’erano centinaia di ragazzi rinchiusi in albergo a studiare. Noi abbiamo scelto il relax ed è per questo, forse, che non abbiamo superato l’esame».  In fin dei conti, conviene? «Per chi ha voglia di prepararsi, sì. Per me, che ho passato l’esame in Italia, sarebbe stata comunque una laurea in più»

Fonte originale: Corriere.

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