La controriforma spagnola che cancella Zapatero (parte 1)

La grande sorpresa è che non ci sarà nessuna Controriforma, per ora. A Mariano Rajoy e al suo governo non importa assolutamente nulla delle idee dei progressisti: quello che vuole sono i loro soldi. Lo dicono e se lo dicono tra loro giornalisti e scrittori, architetti e teatranti ogni notte a convegno col disincanto attorno a un tavolo, seduti davanti a una brocca di vino mentre fuori per le strade finiscono di crepitare e fondere i cassonetti incendiati dagli studenti. Mentre si aspetta lo sciopero generale del 29, mentre chiudono i giornali progressisti senza che ci sia un sindacato a levare un fiato: così, da un giorno a un altro e silenzio. Mentre si aspetta che anche l’Andalusia, domenica prossima, voti per il Partito popolare e così tutta la Spagna si svegli sotto il monopolio conservatore con le nobili ed orgogliosamente esibite eccezioni della Catalogna e del Pais Vasco, eccezioni, appunto. L’aborto, le unioni civili, il divorzio, i matrimoni omosessuali, le leggi di uguaglianza e le tutele al lavoro femminile: cambierà poco, cambierà lentamente e più avanti, in forma omeopatica, ci sarà forse qualche fiammata nei giorni delle manovre economiche più dure.

Ruiz Gallardon, ministro di Giustizia, ha presentato giorni fa una legge di riforma dell’aborto rimasta per il momento lettera morta. Nessuna discussione, pochissimo clamore. Un diversivo, le idee: quel che serve sono soldi. La Chiesa, garantita da un governo che non la danneggerà economicamente, sui temi etici non fa più rumore.

Per contro Rajoy ha scelto come braccio destro al partito due donne molto giovani, con vite sentimentali dinamiche e capaci di scelte private autonome da vincoli. Maria Dolores Cospedal, segretaria del Ppe e membro di Bilderberg, classe 1965, ha avuto un figlio in provetta da un compagno col quale allora non era sposata. Un comportamento così poco osservante dei dettami religiosi non le ha impedito di guidare il partito di governo.

Soraya Saenz de Santa Maria, classe 1971, è vicepresidente del governo e di fatto la portavoce di Rajoy. Molto influente, di bell’aspetto, sempre in tv: è molto più interessata a proporsi come incarnazione di una certa idea di successo che a discutere della legge sul fine vita. Prima il denaro, poi semmai il resto. E difatti, dice Enric Juliana, tra i più raffinati analisti di politica spagnola, guardate: la prima riforma è stata quella del lavoro, licenziamenti facili e facilissimi, una cosa che in Italia non si può neppure paragonare all’eventuale modifica dell’articolo 18. Moltissimo di più. La seconda i tagli all’istruzione, all’università e alla ricerca. La terza sarà la fine delle autonomie. Un ritorno allo Stato centrale che passerà, a fine mese, dalla riduzione di 15 mila milioni di euro da destinare alle Regioni autonome: costa troppo, l’autonomia dei parlamenti. Si torna allo Stato centrale, a Madrid e alla Moncloa, alla Reggia dei Re cattolici. Questa sì una rivoluzione, una macchina del tempo all’indietro di secoli. L’alibi o se preferite la buona ragione,  come ovunque, è la crisi economica.

Rajoy ha ingaggiato un braccio di ferro con l’Unione europea per mantenere il deficit a 5,8 e l’ha perso. Intanto scendiamo di mezzo punto, gli hanno detto da Bruxelles, poi vediamo. Mezzo punto è poco o molto, dipende da dove si guarda. Se doveva servire a misurare l’autorevolezza e l’autonomia del nuovo governo è moltissimo. Il principio della fine di Zapatero coincise con la sottomissione ai diktat del direttorio europeo nel maggio 2010. Servirà un’altra manovra economica, dunque, a Rajoy: altri tagli. E tutto il tema, ora, la grande discussione è quale modello la Spagna neoconservatrice si darà per lo sviluppo. Che cos’hanno in testa, quale modello culturale, quale progetto.

Seconda parte

Pubblicato su Repubblica.it

Cresce ancora il numero di disoccupati in Spagna

Nonostante i timidi segnali di ripresa fatti registrare nelle ultime settimane, i dati relativi al totale delle persone che usufruiscono del sussidio di disoccupazione continua a crescere in Spagna. Secondo i dati comunicati dal Instituto Nacional de Estadística (INE), il numero di parados è aumentato nel 2011 di 577.000 unità rispetto all’anno precedente, un aumento del 12,3% del totale, portando il numero totale di disoccupati a ben 5.273.600 di persone, una cifra inedita per l’economia spagnola. I numeri fatti registrare confermano il trend negativo, e convertono il 2011 nel quinto anno consecutivo nel quale aumenta il numero dei disoccupati in Spagna.

Come spesso ho già detto in altri articoli o rispondendo ai vostri messaggi, questi numeri e in generale quelli che riguardano la situazione economica della Spagna vanno sempre letti considerandoli appunto su scala nazionale, poiché ci sono sempre realtà nelle quali la crisi si sente meno o settori lavorativi. addirittura in contro tendenza. Andiamo a vedere nel dettaglio i numeri relativi alla comunità di Madrid e alla Catalogna.

La Comunidad de Madrid ha concluso il 2011 con 623.300 disoccupati, con un incremento soprattutto nell’ultimo trimestre dell’anno che ha fatto chiudere l’anno con un aumento di 50.300 disoccupati rispetto al 2010. Il tasso di disoccupazione in Madrid alla fine del 2011 è del 18,51%, un aumento di quasi 3 punti percentuali rispetto all’anno precedente, ma comunque al di sotto del 22,852 %che si registra su scala nazionale. In Catalogna il numero di disoccupati è cresciuto di 88.700 unità rispetto al 2010, un aumento che porta il numero totale delle persone in cerca di occupazione della comunità al 20,5% (con un totale di 775.400 disoccupati).

Numeri che indubbiamente non fanno sorridere, ma ricordo a tutti coloro che coltivano il sogno di vivere e lavorare in Spagna che con competenze, voglia di fare e un po’ di pazienza (e fortuna, ok…) il lavoro si può trovare, ne è testimonianza il fatto che quotidianamente vengano pubblicate nuove offerte di lavoro.

La crisi economica e le conseguenze sulle piccole aziende

La crisi economica ha colpito duramente le aziende spagnole, soprattutto quelle di piccole dimensioni, che spesso sono state costrette a chiudere i battenti per l’incapacità di poter fronteggiare i costi. Dal dicembre 2007 al ottobre 2011 la aziende registrate presso la Seguridad Social sono diminuite di ben 177.336, un decremento che va in contro tendenza con i numeri fatti invece registrare dalle grandi aziende (quelle con 5000 o più dipendenti), che sono invece aumentate: da 99 a 107.

Quali sono però i settori che maggiormente hanno sentito la crisi? Il settore immobiliare è senza dubbio il grande sconfitto, facendo registrare una diminuzione del 23,7% nella costruzione di edifici in soli quattro anni. Questo fa si che Murcia e la Comunità Valenciana, storicamente legate al settore della costruzione, stiano facendo registrare i peggiori risultati in termini di numero di aziende costrette alla chiusura.

Ultimi dati disoccupazione per comunità autonome

Riporto in una tabella i dati attuali circa la situazione di occupazione e disoccupazione in Spagna nelle diverse comunità autonome, separando i dati per sesso. Come potete vedere dai dati, nelle comunità di Catalunya, Castilla La-Mancha, Asturias e Murcia gli uomini risultano essere quelli che più facilmente sembrano trovare lavoro, mentre discorso inverso cale per quanto riguarda l’Andalucía, con ben 1.168,20 milioni di donne lavoratrici, seguita da Catalunya, Madrid e la Comunidad Valenciana.

Al contrario le comunità di Ceuta, Galicia, Navarra e Canarias risultano essere quelle con il più basso tasso di occupazione maschile, mentre la Cantabria, La Rioja, Melilla e Ceuta fanno registrare il record negativo per quanto riguarda l’occupazione femminile.

LAVORATORI E DISOCCUPATI PER SESSO

Uomini

Donne

Occup.

Disoccup.

% occup.

% disoccup.

Occup.

Disoccup.

% occup.

% disoccup.

Andalucía

1.584,6

658,5

67,29

29,36

1.168,2

574,4

50,45

32,96

Aragón

306,0

56,4

66,09

15,56

239,1

48,7

51,18

16,93

Asturias

210,9

45,8

58,51

17,83

185,9

36,5

45,61

16,40

Islas Baleares

268,5

65,5

74,06

19,61

237,5

44,2

61,90

15,68

Canarias

433,7

178,6

70,25

29,16

349,9

150,1

56,28

30,02

Cantabria

132,3

23,0

64,98

14,80

109,6

16,7

49,54

13,23

Castilla y León

571,1

100,3

63,83

14,93

430,7

91,7

48,14

17,55

Castilla La-Mancha

460,1

118,3

67,74

20,45

315,6

106,2

49,62

25,18

Cataluña

1.633,0

416,4

69,93

20,32

1.443,6

325,6

56,99

18,40

Com. Valenciana

1.046,6

333,7

67,20

24,17

832,7

283,7

52,80

25,41

Extremadura

221,0

61,6

63,11

21,80

151,5

53,5

44,53

26,09

Galicia

587,4

114,5

61,85

16,32

499,6

112,0

49,26

18,31

Madrid

1.498,3

291,7

71,02

16,29

1.297,4

281,4

57,26

17,82

Murcia, Región de

325,4

101,6

71,12

23,79

233,7

76,8

52,42

24,74

Navarra

150,5

19,1

66,88

11,25

123,3

17,2

53,98

12,22

País Vasco

502,2

65,8

65,16

11,59

429,4

63,3

52,42

12,85

Rioja, La

72,9

14,3

67,77

16,39

58,5

13,4

54,23

18,59

Ceuta

14,3

5,1

64,37

26,41

7,2

5,5

42,57

43,59

Melilla

15,1

3,9

68,35

20,55

9,0

3,6

43,60

28