Turismo in crescita in Spagna

Riprendo una notizia apparsa su El Pais di oggi e che può interessare molti di voi, alla ricerca di un lavoro in Spagna, magari in uno dei settori, come quelli alberghiero, del turismo o della ristorazione, che storicamente vedono impiegata molta manodopera straniera. I dati forniti dalle amministrazioni locali indicano infatto come il settore turistico sia tra i pochi che non stanno soffrendo gli effetti della crisi, come del resto avevamo già ricordato in diverse occasioni recenti.

I numeri parlano da soli: rispetto al periodo gennaio-ottobre dell’anno passato, in questo 2011 è stato registrato un incremento del 8,4% della spesa generale effettuata dai turisti stranieri sul territorio spagnolo, un aumento che porta la cifra totale spesa in “turismo” (quindi hotel, ristoranti, servizi, musei, ecc.) a 46.955 milioni di euro! Questo si traduce con una spesa media giornaliera per turista di 101 euro (+ 3,7% rispetto al 2010) e a una spesa media per turista, considerando l’intero soggiorno, di 924 euro (+ 0,3%). Anche il numero totale di turisti che hanno visitato fino ad ottobre del 2011 la Spagna è in trend positivo rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, facendo registrare un +8,5% sul numero totale.

E se il turismo sembra andare contro corrente rispetto alla situazione economica spagnola, vi ricordo che i principali poli di attrazione turistica restano le grandi città (Barcellona e Madrid su tutte, ma anche Valencia e Siviglia), le città medie ma animate dal punto di vista culturale o culinario (Granada o Bilbao ad esempio), e le località di mare (Baleari e Tenerife in particolar modo, ma anche le località della Costa Brava ad esempio).

Turismo in Spagna in crescita dunque, una notizia che non può che farci piacere!

La Previdenza Sociale perde altri 30mila contribuenti stranieri

La Seguridad Social (la previdenza sociale in Spagna) ha perso 31.300 contribuenti stranieri durante lo scorso mese di ottobre ed ora il totale di lavoratori stranieri che lavorano in Spagna ammonta a 1.785.362 unità, come informa il Ministero del Lavoro e dell’Immigrazione.

Con la diminuzione di ottobre, il sistema della Previdenza Sociale registra per il quarto mese consecutivo la diminuzione di lavoratori stranieri, con un calo totale di oltre 65.000 contribuenti. Del totale degli immigrati iscritti presso la Previdenza Sociale alla fine del decimo mese dell’anno, la maggior parte risulta iscritta con regime generale (è anche il regime che ha fatto registrare la diminuzione maggiore), seguiti poi dai lavoratori impiegati nel settore agrario e dai liberi professionisti (entrambi i settori hanno però registrato un aumento di iscritti). Scendendo più in dettagli nei dati forniti dal Ministero, scopriamo che del totale di 263.993 stranieri registrati nel Régimen General de la Seguridad Social, il 23,12% lavora nel settore alberghiero, il 17,08% nel commercio e l’11,20% nel settore amministrativo e nei servizi. È dunque in questi settori che la crisi ha colpito più duramente, almeno per quanto riguarda i lavoratori stranieri in Spagna, un dato che ci interessa direttamente.

Per quanto riguarda invece l’identikit dello straniero lavoratore in Spagna, il rapporto tra Unione Europea e paesi extracomunitari è di circa 1 a 2 (667.194 UE – 1.118.168 resto del mondo). Tra i lavoratori provenienti da paesi non comunitari, 206.860 risultano essere di nazionalità marocchina, 135.126 ecuadoriana e 97.178 colombiana, seguiti dai cinesi (con 86.653 contribuenti) e boliviani (82.843). I lavoratori che invece provengono dall’Unione Europea vedono la predominanza di rumeni (287.225), italiani (62.958) e bulgari (54.789), seguiti dai contribuenti britannici (53.767) e portoghesi (48.945).

Se invece osserviamo i dati relativi alle singole comunità autonome, Catalunya e Madrid risultano essere i grandi poli di attrazione (poteva essere diversamente?), con il 43.38% dei contribuenti stranieri (rispettivamente 395.502 in Catalunya e 378.957 a Madrid), seguiti dall’Andalusia con 209.965 lavoratori stranieri e dalla Comunità Valenciana con 189.136. Fanalini di coda (escludendo le città autonome di Ceuta e Melilla) sono la Cantabria (con appena 11.902 contribuenti stranieri), le Asturie (15.015) e La Rioja (16.307).

Il 67% degli spagnoli chiede maggiore flessibilità nel mercato del lavoro

Il 67% degli spagnoli crede che il nuovo Governo dovrà scommettere in maniera decisa sulla flessibilità nel mercato lavorativo e sovvenzionare i costi di contrattazione, questo è emerso da un sondaggio condotto da Randstad. La maggior parte degli intervistati crede che questi dovrebbero essere i pilastri con i quali il nuovo Governo dovrà realizzare le riforme necessarie per rendere più dinamico il mercato del lavoro spagnolo. Cosa ne pensate voi? Lasciate un commento!

I giovani occupavano più del 80% dei posti di lavoro persi

Ben oltre l’80% dei lavori che sono stati persi a causa della crisi erano realizzati da giovani di età compresa tra i 16 e i 29 anni, questo è il risultato dell’analisi della Commissione Operaia in Spagna. Per la precisione, il numero riguarda l’86% dei 2,2 milioni di posti di lavoro scomparsi dall’inizio della crisi economica in Spagna.

Di questi 2,2 milioni di posti di lavoro, 1,2 erano occupati da uomini e poco meno di 700.000 da donne. Ma il numero più preoccupante è quello relativo al paro (il sussidio di disoccupazione) tra i giovani, che è letteralmente schizzato negli ultimi quattro anni, passando da un 18,19% del 2007 al 46,12% del 2011.

Ecco id seguito la traduzione automatica di un articolo che parla nel dettaglio di questi dati:

86% degli oltre 2,2 milioni di posti di lavoro sono stati persi dallo scoppio della crisi sono state tenute da giovani tra i 16 ei 29 anni e il settore più colpito dal mercato del lavoro debole è stata la costruzione, che ha attirato sei su dieci posti di lavoro distrutti in questo periodo.

Secondo un rapporto CC.OO. sugli sviluppi del mercato del lavoro negli ultimi quattro anni, dal terzo trimestre del 2007, quando la crisi ha cominciato a farsi sentire sul mercato del lavoro fino al secondo trimestre del 2011, l’economia spagnola perso 2.207.600 posti di lavoro. Di questi, 1.908.600 appartenevano a giovani fino ai 29 anni e 1.329.600 si trovavano nel ‘mattone’.

Gli uomini sono stati più colpiti dalla perdita del lavoro dovuta alla crisi. Dei 2,2 milioni di posti di lavoro persi nel corso degli anni un totale di 2,02 milioni sono state tenute da uomini, rispetto alle 184.800 donne che hanno perso il lavoro.

Pertanto, il tasso di occupazione maschile è sceso 13,3 punti rispetto al terzo trimestre del 2007 rispetto ad un taglio di 2,16 punti nel caso del tasso di occupazione femminile.

I giovani sono stati uno dei gruppi che hanno subito la crisi. Dei 1,9 milioni di posti di lavoro sono stati persi nel gruppo di età compresa tra 16 ei 29 anni, 1,2 milioni sono svolte da uomini e 688.600 donne.
La disoccupazione penalizza giovani

Questa tendenza negativa dell’occupazione giovanile si è tradotta in cifre della disoccupazione. Così, il tasso di disoccupazione per i giovani fino a 29 anni è aumentata più che raddoppiato da quando la crisi esplose, passando dal 12,59% nel 2007 a oltre il 34% nel 2011.

“Molto inquietante” è, per CCOO, che tra i giovani dai 16 ai 24 anni il tasso di disoccupazione è passato dal 18,19% al 46,12%.

“Con la crisi, i giovani con qualifiche poco o niente, legati alle aree dove l’occupazione è stato facilmente e senza requisiti molte sono state le più colpite”, sostiene il sindacato.
Basso livello di istruzione e di lavoro temporaneo

Per livello di istruzione, i lavoratori con poca istruzione “sono stati e rimangono i” più colpiti dalla regolazione del lavoro derivante dalla crisi. Infatti, l’83% dei posti di lavoro sono scomparsi negli ultimi anni, vale a dire 1,8 milioni, sono stati occupati dai lavoratori il cui livello di istruzione corrispondente alla prima fase di istruzione secondaria o meno.

La maggior parte dei posti di lavoro distrutti negli ultimi anni è stata temporanea, che ha portato il tasso ad un temporaneo quasi dieci punti in meno rispetto a prima della crisi. Così, alla fine di giugno di quest’anno, il tasso di occupazione temporanea è pari al 25,5% contro 34,4% a metà del 2006 esiste.

Tassi di temporanea sono stati ridotti sia nel settore pubblico e privato. Nel primi lavori temporanei sono stati tagliati, ma ha aumentato il tempo indeterminato, mentre il secondo è la diminuzione del tasso di declino a causa di temporanea sia l’occupazione temporanea e permanente.
Meno assunzioni

L’unione fa anche questo rapporto un’analisi dei contratti negli ultimi anni. Tra il 2006 e il 2010, il maggior numero annuale dei contratti è stata nel 2007, con oltre 16,4 milioni, poi ha cominciato a diminuire. Tra agosto 2006 e settembre di quest’anno, il calo dell’occupazione pari a 22%.

Fino al 2008, ha registrato contratti a tempo determinato rappresentavano circa l’88% del totale, mentre a partire dal 2009, questa percentuale supera il 91%. Contratti a tempo indeterminato tra il metodo più diffuso è il permanente ordinaria (45 giorni di licenziamento senza giusta causa), che raggiunge il suo massimo record nel 2008 con 876.094 contratti.

Inoltre, come i motivi per cui l’accesso alle prestazioni di disoccupazione, CC.OO. rileva che il maggior numero di disoccupati di accesso ad essi dopo licenziamento senza giusta causa e il licenziamento.

La beneficiari di prestazioni diventano disoccupati dopo un licenziamento da un incremento del 9% tra il 2009 e 20011, mentre quelli da una ridondanza obiettivo è un aumento di 99,6% e gli obiettivi licenziamenti, 48,1% .

Il governo spagnolo destinerà 900 milioni di euro alla formazione dei lavoratori


Il governo spagnolo destinerà quest’anno 900 milioni alla formazione dei lavoratori, è quanto affermain un comunicato il Ministero del Lavoro e dell’Immigrazione, migliorando così il livello di formazione di circa 3,7 milioni di lavoratori.

Mari Luz Rodríguez, segretaria del ministero, ha sottolineato che l’attuale modello è buono, però con il tempo sono comparsi errori da correggere, e per questo il governo sta lavorando con le associazioni sindacali e con le aziende.

Rodríguez ha ricordato che in futuro l’85% dei posti di lavoro in Spagna esigeranno formazione intermedia, in un quadro di crescita e di specializzazione professionale sempre più competitivo.

Del resto, mi permetto di aggiungere, spesso lo indico nei commenti o in risposta a quanti mi chiedono (qui o su Facebook) se, nonostante la crisi, si possa trovare lavoro in Spagna: per chi è qualificato (oltre che volenteroso e con voglia di mettersi alla prova), il lavoro anche qui nella Spagna “ammaccata” dalla crisi, c’è. Soprattutto in grandi città come o , o in località turistiche come , il lavoro non manca. Che voi siate un programmatore specializzato o un esperto cuoco, ad esempio, ci sono centinaia di possibilità per chi ha voglia, competenze e un po’ di spirito di iniziativa.

Quindi… buona ricerca di lavoro e se già siete lavoratori chissà che la vostra azienda non approfitti di queste sovvenzioni del governo per investire sulla vostra formazione! Ieri pubblicavo questo articolo, il trend sembra positivo e il cielo sembra cominciare a schiarirsi… vi aspetto qui in Spagna!